Antonio Scurati: La seconda mezzanotte
Ho letto le prove e mi paiono decisamente buone. Leggerle è stato per me un’esperienza avvincente. Vi confesserò anzi che mi sono accostato alla lettura non senza una certa emozione e non perché mi aspettavo di trovarvi la mia parola variata, chiosata e a me restituita ma perché, al contrario, mi aspettavo di trovarvi la parola altrui innestata sul mio ramo, per così dire. e’ così è stato! Antefatti, personaggi non sviluppati, zone d’ombra di un mondo di mia invenzione che vengono portate alla luce da altri … Avrei volentieri continuato a leggere molte altre pagine di questo tipo scoprendo cose che io non sapevo e mai avrei immaginato della storia da me narrata, della mia storia. Non è forse questo ciò che sempre fa la letteratura: restituirci la vita che è nostra ma che ci sarebbe rimasta ignota senza di essa?
Ho notato che quasi tutti i testi procedono nella medesima direzione: l’esplicitazione dell’implicito. Si potrebbe, a voler essere severi, ritenerlo un peccato di ingenuità. Ma ci si sbaglierebbe. Si tratta, invece, di una forma di candore che anche lo scrittore “professionista” farebbe bene a non smarrire. Volevi dire questa cosa? E’ questo il cuore di tutta la vicenda? Dilla! Snudalo questo cuore! Il pericolo, certo è la banalità ma, come disse il poeta, ” lì dove cresce il pericolo cresce anche la salvezza”.
Alcuni ragazzi hanno scelto di esplicitare la violenza, di metterne a nudo la radice, altri di farlo con la speranza. Tra le due scelgo la seconda. Ce n’è così poca in questo mio libro! Eppure c’è, ed è, per l’appunto, la piccola Lucia. Scelgo dunque il testo numero uno, quello nel quale si osa dire a chiare lettere ciò che l’autore del romanzo non aveva mai osato per più di trecento pagine e, cioè, che, molto semplicemente, in quella piccola creatura è racchiusa la piccola ma tenace luce di un mondo di tenebra. Fin dal nome con cui la si è battezzata Lucia. Sarà, forse, il padre a prevalere sul romanziere in questa scelta ma è bene che sia così: il padre è un uomo migliore del romanziere. Grazie dunque a chiunque abbia scritto quella pagina, e a tutti voi, di averlo convocato.
Andrej Longo: Lu campu di girasoli
Ho deciso il vincitore (o più probabilmente la vincitrice).
È il numero 38.
Ho scelto questa pagina innanzi tutto perchè davvero potrebbe essere una Pagina che avrei potuto scrivere io, dove si va più a fondo nell’animo di uno dei protagonisti e lo si fa non solo descrittivamente ma con immagini (come di solito faccio io).
Anzi, potrei dire che forse quella pagina sarebbe stata davvero necessaria perché in fondo qualcosa che conclude la storia di Rita in parte manca.
Inoltre mi è piaciuto l’uso che l’autore fa dei piccoli particolari e che è una mia caratteristica.
E per finire la lingua usata è praticamente perfetta, tanto che qualunque lettore potrebbe facilmente scambiarla con la mia.
Marco Malvaldi: La briscola in cinque
il mio voto va alla pagina 22, non solo per la scrittura sicura, ma anche per l’originalità mostrata e per la bellissima osservazione sulla Magna Grecia. Tutto il mondo è paese.
Viola Di Grado: 70 acrilico e trenta lana
Motivazione: “Per l’autenticità dell’impeto, che è una delle cose più importanti nella scrittura.”